I HAVE A DREAM, il 4 Aprile 1968 l’uccisione di Martin Luther King

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Il 4 Aprile del 1968 venne assassinato a Memphis, Martin Luther King. Pastore, leader indiscusso, attivista e antisegregazionista, porta già nella scelta di aggiungere Luther al suo nome, tutto il suo destino. All’anagrafe venne infatti registrato come Michael King che completò successivamente con il nome del famoso riformatore tedesco Martin Lutero, condividendone la convinzione che solo Dio può rendere grazia e salvare gli uomini poiché a Lui solo è consentito rendere giusto che ciò per sua natura è profondamente ingiusto per via del peccato originale.

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Il primo contributo importante di Martin Luther King alla lotta alla disuguaglianza razziale si verificò in occasione della disobbedienza civile che vide come protagonista Rosa Parker, la giovane afroamericana che si rifiutò di cedere il suo posto ad un uomo bianco su un autobus quando ancora questi, e i bagni, e i bar e le biblioteche e i teatri erano divisi in zone per bianchi e in zone per neri. Insieme all’amico Edgar Nixon e all’aiuto di una vasta comunità di pacifisti, organizzò il boicottaggio degli autobus a cui si unirono sempre più persone tra cui molti bianchi. La protesta civile vide uomini e donne di colore spostarsi sempre a piedi o con l’aiuto di qualche tassista di colore ed ebbe tanta risonanza da costringere le autorità ad arrestarlo con una banale scusa, un eccesso di velocità. Incarcerato, King divenne sempre più convinto e consapevole delle proprie ragioni e una volta rilasciato continuò la sua  lotta che ebbe un primo grande risultato: il 19 giugno del 1956 si stabiliva che la separazione forzata di bianchi e neri sui bus violasse la costituzione.

La sua lotta continuò anche per il diritto di voto dei neri ma era una lotta pacifica, votata alla non violenza. Il modo migliore che avevano gli attivisti di protestare era entrare nei locali o in qualunque luogo vietato ai neri, sedersi e aspettare l’arrivo della polizia da cui si sarebbero fatti trascinare fino in prigione e a cui mai avrebbero reagito.

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“Noi sfidiamo la vostra capacità di farci soffrire con la nostra capacità di sopportare le sofferenze. Metteteci in prigione, e noi vi ameremo ancora. Lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli, e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case nell’ ora di mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Fateci quello che volete e noi continueremo ad amarvi. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello alla vostra coscienza e al vostro cuore che alla fine conquisteremo anche voi, e la nostra vittoria sarà piena”, recitava uno dei suoi famosi discorsi. Frutto del progetto C. o del Black Power, la lotta pacifista per i diritti civili sfociò nella più grande delle manifestazioni anti apartheid che il mondo ricordi, la marcia su Washington in cui King celebrerà il famosissimo “I have a dream”. Era il 1963 e dopo appena un anno ricevette il Premio Nobel per la pace. Nel 1965, il 7 Marzo per l’esattezza, avvenne quello che passò alla storia come il Bloody Sunday, ricordato anche nella celebre canzone degli U2, in cui bande di bianchi “scortate” dalla polizia assalirono violentemente i manifestanti che partecipavano alla marcia di Selma.

Lo sguardo di Martin Luther King iniziò pian piano a rivolgersi non solo più ai neri ma a tutte le persone di qualunque razza o religione che subissero ingiustizie, a partire dai poveri e dagli affamati. E fu proprio quando le sue idee iniziarono a coinvolgere larghissima parte della società civile che si palesò la reale pericolosità di King agli occhi del potere e delle istituzioni. Il 4 Aprile del 1968, mentre era sul balcone di un motel, fu colpito con un proiettile sparato da un fucile di precisione in piena testa.

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“Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.
Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.
Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto.
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: “Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.