La bella storia di Rachid, da venditore di accendini a Ingegnere

4RFLL4T43952-kM6D-UzZamiAPBxxldDw-330x185@LaStampa.it

È difficile di questi tempi, trovare storie positive da raccontare, ma un ragazzo di Torino è diventato protagonista di una favola. Tutti a Torino conoscono la storia del venditore di accendini e fazzoletti marocchino che si è laureato al Politecnico con una tesi sul grafene. Il suo nome è Rachid Khadiri Abdelmoula, 26 anni da Kourigba, Marocco.

- Advertisement -

Rachid frequenta le lezioni in aula, poi il pomeriggio va sotto i portici a vendere, capitando anche di incontrare quei compagni che erano seduti accanto a lui a lezione poche ore prima. «All’inizio erano scioccati. Capitava per caso, sotto i portici del centro. Io li osservavo. I più non dicevano nulla. Succedeva quasi sempre così. Li vedevo arrivare da lontano. Erano i miei compagni di corso, ragazzi come me. Li avevo visti al mattino a lezione, non potevano scambiarmi per un altro. E infatti mi fissavano. Si avvicinavano, si avvicinavano. Poi, di colpo, si allontanavano frettolosi, senza dire una parola». Poi, poco per volta, tutti hanno saputo e molti sono diventati suoi amici.

A Kourigba non era possibile vivere dignitosamente: i suoi due fratelli più grandi sono venuti in Italia per primi, poi il resto della famiglia li ha seguiti e lui ha cominciato a frequentare la prima media, a Torino. Poi vendere fazzoletti e accendini (la vetrina come la chiama Rachid) per pagare l’affitto coi suoi fratelli, mangiare  e pagarsi i libri; è riuscito a studiare anche grazie a due borse di studio, che ad oggi però, sono difficili da ottenere, dopo i tagli che ha subito l’Università. Per la laurea magistrale ci vogliono ancora due anni di studi e forse fazzolettini, anche se Rachid spera che non sia così: «Per me questa è solo una tappa. Voglio immaginare che con la laurea triennale ci sia qualche studio di ingegneria che possa farmi lavorare. Sarebbe importante capire presto che cosa è davvero il mondo del lavoro in questo mestiere. Certo, non nascondo che trovare il lavoro in uno studio per me vorrebbe dire abbandonare finalmente la vetrina. Io non sono solo. I miei fratelli e i miei cugini hanno lavorato anche per me, si sono sacrificati perché studiassi in questi anni. Senza di loro non ce l’avrei mai fatta». Una popolarità che è sempre stata presente nella famiglia di Rachid, tanto che il fratello maggiore è stato addirittura insignito dall’ex sindaco Sergio Chiamparino del «Premio torinese dell’anno» per la sua popolarità e la sua loquacità. E i docenti non potevano trattenere il sorriso quando li esortava ad acquistare la sua merce.

- Advertisement -

Oggi, quel bambino arrivato in Italia a undici anni è diventato il dottor Khadiri Abdelmoula. Un dottore in ingegneria civile neo-laureato al Politecnico con una tesi sul grafene, un nuovo materiale, scoperto qualche anno fa, che valse il Nobel ai suoi scopritori; e che resiste quattro volte più dell’acciaio. Che resiste proprio come Rachid, che si nascondeva dietro le colonne dei portici quando vedeva passare i suoi professori, ma che poi superò anche questo e cominciò a vendere anche a loro. Ricevendo il sostegno pieno della famiglia e degli amici, lavorando e frequentando l’università di giorno e studiando di notte.

Una bella storia di impegno e dedizione, ma anche di realizzazione, di una risorsa per l’Italia che viene dai giovani laureati stranieri e italiani che sono il futuro del paese: il nostro. E non possiamo non desiderare di sentire altre storie a lieto fine, storie di giovani immigrati o di giovani italiani che si arrabattano quotidianamente tra mille difficoltà per terminare gli studi. Per tutti questi giovani, per il loro impegno, credo che sia doveroso offrire loro una vita dignitosa, quella vita tanto sognata mentre si preparano esami e intanto si lavora per mantenersi, pesando sulle famiglie, che investono su quel figlio o figlia tutte le loro speranze. Questi giovani chiedono poco, chiedono un lavoro: dateglielo.