Le leggi che preservano l’uguaglianza portano davvero alla parità

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La condizione per cui ogni individuo o collettività devono essere considerati alla stessa stregua di tutti gli altri, e cioè pari, uguali, soprattutto nei diritti politici, sociali ed economici.

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L’enciclopedia Treccani definisce in questo modo l’uguaglianza tra individui. Si può quindi affermare che non vengono contemplati preferenze, quote minime, provocazioni o possibili offese.

In un paese che professa la libertà e, di conseguenza, l’uguaglianza tra tutti i propri abitanti o comunque tra tutte le persone che si trovano legalmente sul proprio territorio, non si dovrebbe mai parlare di quote rosa, di presepi senza Bambinello, di moschee esclusivamente in lingua araba, di “difesa” dell’omosessualità.

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Se i diritti ed i doveri sono gli stessi per ogni sesso, sessualità, religione o ideale che non vada a ledere i diritti di tutti gli altri, perché le donne elette in parlamento devono avere una quota minima e non hanno le stesse possibilità degli uomini? Perché i bambini musulmani, ai quali tra l’altro dubito interessi qualcosa, dovrebbero dar fastidio i festeggiamenti tradizionali italiani? Perché gli imam non devono esprimersi in italiano, rendendosi accessibili a tutti? Perché i gay devono “difendere” i propri gusti?

La risposta è abbastanza semplice: non siamo tutti uguali o, perlomeno, lo siamo solo sulla carta. L’essere umano è, infatti, fondamentalmente egoista. Punta a difendere se stesso e coloro che ritiene più vicini e simili a lui. Ma come vengono individuati questi gruppi sociali da preservare? La selezione è basata proprio sulla diversità evidente che intercorre andando ad esulare dall’ambito politico-sociale e riferendosi agli aspetti più “visibili” e diretti delle varie tipologie di essere umano.

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Si può dire quindi che, spesso, le fantomatiche uguaglianze tanto celebrate nel nostro paese non sono altro che semplici meccanismi di difesa messi in atto per evitare conflitti e divergenze coloro che si differenziano dai più.

A volte, però, capita che questi meccanismi siano concepiti erroneamente, comportando l’effetto contrario. Se, per livellare le discrepanze, vengono dati più benefici o una rappresentanza minima, ma costante, ad una delle parti questa non viene considerata uguale, ma inferiore, se fosse allo stesso livello infatti non avrebbe certo bisogno di questi “aiuti”, che li fanno apparire solo come più deboli.

Le leggi che preservano l’uguaglianza e i provvedimenti che perseguono la parità dei diritti, in conclusione, andrebbero fatti con più raziocinio, considerando tutti come uguali ma ognuno diverso da tutti gli altri.